venerdì 27 settembre 2024

PRESENTAZIONE LIBRO “BARCHE TRADIZIONALI DEI MARI ITALIANI”


25 settembre - “Barche tradizionali dei mari Italiani” raccoglie le vicende, di lavoro e di fatica, delle ultime imbarcazioni italiane, quelle che navigavano contando solo sul vento e sulla forza delle braccia: niente motore, batterie, elettronica, internet. 

Ancor oggi i loro scafi, che fanno parte della storia delle nostre coste, emanano il fascino sottile della loro, tangibile, fisicità… Erano fatti di materiali semplici e massicci, da impugnare con forza o sfiorare con i polpastrelli: tela olona, tavole di quercia, corsi di fasciame, chiodi di ferro, argani, paranchi. Il testo ne ricorda le caratteristiche principali, ma racconta anche le storie di chi per anni ci ha navigato e faticato. 

E ci aiuta a conoscerle e magari a riconoscerle la prossima volta che ci troveremo a passeggiare sulla banchina di un porto della nostra penisola. Dalle caratteristiche del leudo ligure, ai navicelli toscani per trasportare il marmo delle cave delle Apuane, dalla spagnoletta di Alghero per la pesca delle aragoste, alle coralline per la pesca del corallo, ai battelli per il trasporto dei minerali estratti dalle miniere del Sulcis e poi il pinco genovese (ma anche napoletano), le tartane, i trabaccoli, i bragozzi e le paranze dell’Adriatico e infine i gozzi, ognuno un po' diverso dall’altro, di tutte le regioni italiane. 

Oggi, ripercorrere le storie di queste barche può contribuire a salvare i pochi esemplari rimasti, per trasmetterli alle generazioni future. Si tratta di un processo complicato e difficile, che richiede sforzi prolungati e robuste motivazioni. Gian Alberto Zanoletti, il fondatore del Museo della Barca Lariana, si rifaceva all’esempio di chi aveva progettato i giardini storici del Lago di Como o aveva iniziato a dar forma ad un bonsai giapponese. 

Costoro erano consapevoli che tali opere richiedevano molti decenni di fatiche per esser realizzati e che quindi non avrebbero potuto ammirarle quando fossero state compiute, ma erano appagati dal fatto di poter contribuire, creando un ponte col futuro, alla gioia di nipoti e pronipoti. Zanoletti diceva: “La mia gratificazione? Immaginare che in futuro qualcuno sarà felice scoprendo una tipologia di barca o qualche frammento della storia della marineria che si è salvata dalla distruzione e dall’oblio. 

E che proveranno a loro volta la stessa gioia che ha dato a me quella scoperta. Mi sembra che possa trattarsi anche di una forma di altruismo il pensare di fare qualcosa per chi nascerà fra qualche secolo. Non suppone l’idea di un ritorno economico, che non ci sarà mai. Solo l’istintiva e irrefrenabile volontà di tramandare.”

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