Il prossimo 4 maggio, al porticciolo Duca degli Abruzzi, vi sarà il varo di Rabbit,
lo splendido progetto di Dick Carter; vincitore del Fastnet del 1965,
questo scafo di 37 piedi è ritornato allo splendore originale grazie
alla passione di un socio, già armatore di un altro scafo del
progettista americano. Dick Carter, è stato un disegnatore di barche
innovative e velocissime negli anni ‘60 e ‘70 (Tina, Red Rooster, Ydra, Naif, Juno TT, e Benbow per citarne alcune), proprio Rabbit è stata la barca che lo ha reso celebre, lanciando Carter nell’olimpo dei progettisti fino a quel momento dominato da S&S.
Con il varo di Rabbit e approfittando della presenza di Dick Carter che sarà presente alla cerimonia, lo Yacht Club Italiano presenterà YCI HERITAGE,
un registro delle barche che hanno fatto la storia dello yachting.
Molte, infatti, sono le barche che hanno segnato la storia della
navigazione con il guidone dello Yacht Club Italiano a riva. Progettisti
famosi hanno affrontato il difficile compito di disegnare scafi
innovativi nell’ambito di regolamenti di stazza che offrivano spunti per
uscire dagli schemi, ma anche slanci e sistemi di propulsione, in
antitesi ai dettami dalle consuetudini dell’ingegneria navale.
E tanti
sono stati gli armatori rimasti affascinati dalle sfide intellettuali
che i progettisti offrivano loro per essere vincenti o semplicemente per
distinguersi. Ma non solo. La leggerezza delle linee, l’eleganza delle
forme, l’equilibrio dei piani velici o delle sovrastrutture, la qualità
dei materiali di costruzione e la sobrietà degli allestimenti sono
sempre stati nelle aspirazioni di importanti armatori soci dello Yacht
Club Italiano.
Con Yci Heritage, si vuole pertanto accendere un faro su quel patrimonio artistico galleggiante, troppo spesso abbandonato e/o dimenticato. Un patrimonio i cui valori principali stanno nella passione per il mare, nella cultura e nel rispetto della tradizione. Valorizzare il passato, dunque, per ritrovare il futuro.
Dick (all’anagrafe Richard E.) Carter è nato a Nashua, nel New Hampshire, città dove era situata l’azienda cartaria fondata dal nonno; ha iniziato abbastanza giovane ad andare in barca, anche se la passione è nata in lui e in suo fratello John in modo autonomo, nessuno dei genitori era velista.
Dopo molti anni di regate in deriva, soprattutto con gli International 14’, nel 1962 ha acquistato un Medallist, un 33 piedi disegnato da Bill Trip costruito in vetroresina in Olanda, con il quale cominciò subito a fare regate d’altura, a partire dal SORC; il Medallist lo portò ad essere in contatto con Betrand Imbert, un francese che aveva una barca gemella in Francia, che lo invitò a fare con lui, sul suo Medallist che si chiamava Astrolabe, il Fastnet del 1963. Poco prima della partenza Imbert si fece male, sicché al Fastnet Carter fu l’unico skipper a bordo.
La fatica fatta per tenere in rotta il Medallist nel ritorno dal Fastnet a Plymouth, fatto con forte vento portante e mare formato, lo spinse a pensare come dovesse essere una barca d’altura per essere facile da timonare in quelle condizioni e più in generale come disegnare una barca competitiva per le regate d’altura; il risultato fu Rabbit, costruito nel 1965 da Frans Maas in Olanda. Il successo di Rabbit nelle regate inglesi dell’estate 1965 gli portò la richiesta di Ed Stettinius, un americano all’epoca residente in Francia, per una barca basata sulla filosofia progettuale di Rabbit ma più grande, con un rating il più vicino possibile a 22 piedi che era il limite della One Ton Cup.
Questa barca fu il Tina, che vinse piuttosto facilmente la OTC del 1966 in Danimarca; dalla vittoria derivarono la richiesta di Frans Maas, che aveva costruito anche Tina, di poterne avviare una produzione in serie, e quella di Hans Beilken, il velaio, che voleva un One Tonner per cercare di vincere l’edizione del 1967. Il risultato fu Optimist, che vinse nel 1967 e anche nel 1968; Carter intanto aveva disegnato per sé e fatto costruire sempre da Maas un II Classe RORC che potesse disputare l’Admiral’s Cup – il Rabbit II, che si comportò molto bene all’Admiral’s Cup del 1967.
Da lì la carriera di progettista decollò: Red Rooster, Noryema VGX, Gitana V, Caligù IV, Orca, Benbow, Aggressive, Ydra, Frigate, Mabelle, Naif, Vendredi 13 per la Transatlantica in solitario, Juno TT, la serie dei Carter 33, 37, 39, l’elenco è lungo, molto lungo, sino alla metà degli anni Ottanta quando l’interesse per la progettazione scemò, anche per l’arrivo sulla scena di barche sempre più leggere che non erano più in linea con le sue idee sulle imbarcazioni d’altura, e la Carter Offshore venne chiusa.
Con Yci Heritage, si vuole pertanto accendere un faro su quel patrimonio artistico galleggiante, troppo spesso abbandonato e/o dimenticato. Un patrimonio i cui valori principali stanno nella passione per il mare, nella cultura e nel rispetto della tradizione. Valorizzare il passato, dunque, per ritrovare il futuro.
Dick (all’anagrafe Richard E.) Carter è nato a Nashua, nel New Hampshire, città dove era situata l’azienda cartaria fondata dal nonno; ha iniziato abbastanza giovane ad andare in barca, anche se la passione è nata in lui e in suo fratello John in modo autonomo, nessuno dei genitori era velista.
Dopo molti anni di regate in deriva, soprattutto con gli International 14’, nel 1962 ha acquistato un Medallist, un 33 piedi disegnato da Bill Trip costruito in vetroresina in Olanda, con il quale cominciò subito a fare regate d’altura, a partire dal SORC; il Medallist lo portò ad essere in contatto con Betrand Imbert, un francese che aveva una barca gemella in Francia, che lo invitò a fare con lui, sul suo Medallist che si chiamava Astrolabe, il Fastnet del 1963. Poco prima della partenza Imbert si fece male, sicché al Fastnet Carter fu l’unico skipper a bordo.
La fatica fatta per tenere in rotta il Medallist nel ritorno dal Fastnet a Plymouth, fatto con forte vento portante e mare formato, lo spinse a pensare come dovesse essere una barca d’altura per essere facile da timonare in quelle condizioni e più in generale come disegnare una barca competitiva per le regate d’altura; il risultato fu Rabbit, costruito nel 1965 da Frans Maas in Olanda. Il successo di Rabbit nelle regate inglesi dell’estate 1965 gli portò la richiesta di Ed Stettinius, un americano all’epoca residente in Francia, per una barca basata sulla filosofia progettuale di Rabbit ma più grande, con un rating il più vicino possibile a 22 piedi che era il limite della One Ton Cup.
Questa barca fu il Tina, che vinse piuttosto facilmente la OTC del 1966 in Danimarca; dalla vittoria derivarono la richiesta di Frans Maas, che aveva costruito anche Tina, di poterne avviare una produzione in serie, e quella di Hans Beilken, il velaio, che voleva un One Tonner per cercare di vincere l’edizione del 1967. Il risultato fu Optimist, che vinse nel 1967 e anche nel 1968; Carter intanto aveva disegnato per sé e fatto costruire sempre da Maas un II Classe RORC che potesse disputare l’Admiral’s Cup – il Rabbit II, che si comportò molto bene all’Admiral’s Cup del 1967.
Da lì la carriera di progettista decollò: Red Rooster, Noryema VGX, Gitana V, Caligù IV, Orca, Benbow, Aggressive, Ydra, Frigate, Mabelle, Naif, Vendredi 13 per la Transatlantica in solitario, Juno TT, la serie dei Carter 33, 37, 39, l’elenco è lungo, molto lungo, sino alla metà degli anni Ottanta quando l’interesse per la progettazione scemò, anche per l’arrivo sulla scena di barche sempre più leggere che non erano più in linea con le sue idee sulle imbarcazioni d’altura, e la Carter Offshore venne chiusa.
Nessun commento:
Posta un commento