24 settembre - Se ne è andato Salvatore Romanengo, grande velista e pioniere del Contender. Per noi di Chiavari, cresciuti a vela e focaccia alla sua scuola, è stato un riferimento agonistico e non solo. Una delle foto di vela più famose lo ritrae mentre, da vero contenderista, sale tranquillo sull'albero di un cabinato piegato dalle onde e dalle raffiche.
Bubi se ne è andato. Non so se sul Contender, sullo Strale o qualche altra delle sue
amatissime barche. Sono però certo che nella borsa dei ricordi più cari ha messo l’amore per
la moglie, per i figli, per i tanti nipotini… ma anche l’affetto per tutti noi. E in quel “noi” ci
metto tutti i velisti: quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e quelli che non lo hanno
mai incontrato ma sarebbero stati molto contenti di farlo.
Perché Bubi era grande velista e un
grande sportivo (era stato un fortissimo calciatore) ma era soprattutto una grande persona
Il suo nome, quello vero, era Salvatore Romanengo, ma per tutti è sempre stato Bubi.
Rampollo di una importante famiglia di Genova, aveva deciso presto di mollare carriera e
lavoro per darsi anima e corpo alla vela.
Al Circolo Nautico di Chiavari aveva preso in
consegna la scuola vela e l’aveva trasformata in qualcosa a metà tra un centro agonistico e
una palestra di vita. Accanto alle barche rotte e usate del circolo comparvero, comprati da lui,
i nuovissimi Strale e una barca assai strana chiamata Contender. Per noi che venivamo dagli Optimist o al massimo dai Flying Junior fu una rivoluzione.
Ci
insegnò a uscire al trapezio, a strambare sull’onda, a prenderci cura maniacale di deriva e
timone. E ci spinse alle regate.
Per allenarci nel “golfo dei nesci” (il Tigullio d’estate è famoso per le bonacce) organizzava
uscite all’alba con la tramontana forte: ci trovavamo al circolo alle cinque del mattino con la
focaccia calda di Trombetta, mitica panetteria del carruggio. L’importante era rientrare per le
nove, prima che il caldo arrivasse e il termico svanisse.
I ragazzi di Bubi
Tirò su una squadra di piccoli velisti, i “ragazzi di Bubi”, ai quali dispensava consigli e prestava
barche (ma anche la sua macchina e il suo carrello, perché l’importante diceva, era girare e
fare esperienza). In cambio lo aiutavamo con la scuola: armavamo le barche per le lezioni, le
smontavamo, mettevamo il gommone in acqua e presto, molto presto, cominciammo a
portare fuori anche noi gli allievi. Nel frattempo vivevamo al porto, uscivamo al primo vento.
E
facevamo regate. Una volta, preso da altri impegni, prestò per una regata il suo Comet a Elio,
Paolo e il sottoscritto che, messi insieme, facevamo meno di 46 anni… Vincemmo in reale e
compensato ma fummo cazziati dal suo socio perché “solo un matto presta una barca simile a
dei ragazzini”.
Il primo risultato serio lo portammo a casa io ed Elio, vincendo nel 1978 il Campionato
Italiano Strale.
Ma fu solo l’inizio perché presto arrivò, dalla sua nidiata di velisti, un’autentica
pioggia di titoli importanti e medaglie di peso: Admiral’s Cup, One Ton Cup, Three Quarter
Cup, Mini Ton Cup…
Bubi segnò o addirittura cambiò la vita di molti di quei ragazzi: Giuly Romanengo, suo nipote,
è un regatante professionista molto apprezzato e richiesto, Elio Petracchi gestisce e prepara
barche da regata, Glauco Briante è stato vicepresidente della Fiv. E che dire di Guido Santoro,
Franco Lagomarsino, Giampaolo Rocca, oltre a chi scrive, per i quali la vela è tuttora una
seconda pelle o forse la prima?
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