Dopo un inverno passato davanti al camino, con un letto comodo in cui
dormire tutte le notti, pian piano si e' fatto risentire il desiderio di
tornare in regata, rivivere alcune delle emozioni che solo la competizione di
vela l'altura sanno dare, quelle emozioni e quell'adrenalina che avevo
vissuto alla Global Ocean Race. Insomma, un'inspiegabile desiderio di stare
scomodi, bagnati, al freddo e dormendo poco! Quindi, quando Jeffrey MacFarlane, un giovane
americano, poche settimane fa mi ha scritto per chiedermi se volevo fare con
lui la Arcipelago 6.50, una
regata per barche Classe Mini
proprio qui in Italia, ho accettato al volo.
Non ero mai salito su un mini ma a volte li ho visti ormeggiati vicino al
mio Class40, sembrava quasi che la mia barca avesse partorito durante la
notte, come mamma delfino con piccolo delfino, uguale in tutte le sue
fattezze, solo in versione ridotta. Per di piu', la barca di Jeffrey e' stata
disegnata dallo stesso Marc Lombard che ha disegnato la barca con cui ho
fatto il giro del mondo, non a caso le linee erano molto simili se non che
questo mini e' un prototipo iper tecnico con tante caratteristiche che non si
trovano sui Class40, come chiglia basculante, albero con inclinazione
regolabile, canard, timoni sollevabili e tante altre chicche che danno vita
ad un pozzetto con una quantita' di cime incredibile, un piatto di spaghetti
colorati dove non e' facile districarsi, in tutti i sensi.
Jeffrey ed io non ci eravamo mai incontrati, io non ero mai salito su un
mini, ma per fortuna le prime miglia della regata sono andate relativamente
bene. A parte la partenza dove il comitato regata continuava a posticipare la
partenza e dalla radio io che sono mezzo sordo non capivo una parola di
quello che dicevano, figuriamoci Jeffrey che non parla l'italiano, quando
finalmente abbiamo capito che si partiva eravamo un po' impreparati. Entro
poche ore pero', dopo le formiche di Grosseto, abbiamo preso il comando
grazie sopprattutto alla barca che va come un siluro.
Nella notte, passata Giannutri passando vicino al Giglio siamo rimasti
piantati senza vento per oltre un'ora, in quell'occasione Platone e D'Ali',
rimanendo piu' al largo ne hanno approfittato una prima volta per superarci.
Per fortuna forti di un prototipo dalle ottime prestazioni entro poco siamo
ritornati in testa rimandendoci anche al passaggio di Capraia. Facendo rotta
verso l'elba, grazie proprio ai canard e la chiglia basculante, nonostante le
durissime condizioni con vento che in raffica ha raggiunto i 30-35 nodi,
stavamo procedendo bene rispetto agli inseguitori.
La bolina era violentissima, la barca veniva spesso colpita da raffiche
che la coricavano rapidamente, avevo oramai il braccio livido dal tentativo
di tenermi alle draglie, un cimino di pochi millimetri che mi segava il
braccio. Per poter continuare a timonare e non rischiare di cadere in
pozzetto decido di infilarmi fra le due draglie, potendo finalmente
appoggiarmi col petto alla draglia piu' alta e continuare a timonare piu'
comodamente. Fin qui tutto bene, andiamo avanti per un po' e le barche dietro
sembrano farsi sempre piu' piccole e lontane.
Una delle caratteristiche dei Mini e' che hanno due timoni, su questo
prototipo il timone non in uso puo' essere sollevato per ridurre l'attrito,
questo e' controllato da una piccola cima rimandata in pozzetto. Dei due
timoni di bolina e' ovviamente quello sottovento a comandare. All'improvviso cede il cimino che tiene giu' il timone in uso che
immediatamente si alza, la barca diventa ingovernabile senza timone ed
istantaneamente va al vento e vira senza possibilita' ne' di reagire ne' di
evitarlo. Il tutto succede talmente rapidamente che non faccio a tempo di
sfilarmi dalla mia postazione e la barca si corica con la chiglia basculata
dal lato sbagliato, il ballast pieno sottovento e la randa appoggiata alle
volanti coricando la barca fino quasi a 90 gradi.
Io sono a questo punto sottovento, ancora seduto al timone, la barca
colpita dalle onde oscilla coricata sul fianco, incastrato fra le draglie con
i piedi in aria e il corpo in basso non posso fare niente se non tenermi con
tutte le mie forze per non finire in acqua, ho la schiena a mollo e la testa
a fior d'acqua. Due, tre onde mi coprono d'acqua, pochi istanti ma
spiacevolissimi, mi si gonfia il giubbotto di salvataggio, ero comunque
legato con la lifeline alla barca ma in quel momento il problema e' come
uscire da quella posizione. Jeffrey nel frattempo molla la volante per
diminuire lo sbandamento estremo della barca poi cerca di aiutarmi a risalire
ma pare impossibile, mi guarda e mi dice che l'unica e' di lasciarmi andare
in acqua per poi ri-arrampicarmi in pozzetto.
Esito, non riesco a valutare se e quanto veloce ci muoviamo non voglio
rimanere appeso alla lifeline trascinato a fianco della barca ma allo stesso
tempo mi rendo conto che sono in una posizione da cui non posso liberarmi,
un'altra onda mi sommerge la testa sott'acqua e capisco di dover agire.
Lascio che il corpo scivoli in acqua, la cerata tiene per un istante, poi
sento l'acqua fredda riempirmi tutti i vestiti e gli stivali. Jeffrey mi sta
tenendo, non c'e' panico siamo entrambi calmi, ma e' chiaro che ci dobbiamo
dare una mossa, i miei 88 chili piu' vestiti bagnati non sono certo facili da
tirar su, ma ora con le gambe libere riesco a puntare un piede sulla
falchetta e man mano risalire in barca...
Cerco di non pensare a quello che e' successo e reagire subito, come dopo
una caduta da cavallo, Jeffrey mi da' un ok con lo sguardo, rimettiamo la
barca in rotta sul bordo sbagliato, non potendo usare il timone alzatosi al
momento dell'incidente. Sto al timone (l'altro) mentre Jeffrey recupera del
materiale per fare una riparazione, passano decine di minuti e continuamo a
navigare fuori rotta e non possiamo fare altrimenti fino a riparazione
avvenuta. Il timone torna in acqua, viriamo, siamo di nuovo in
regata. Il freddo inizia a farsi presto sentire, sono bagnato fradicio senza un
ricambio, non avevo messo in conto questa eventualita', devo andare
ripetutamente sottocoperta per cercare di riscaldarmi. Le 12 ore di regata
successive diventano una estenuante fatica con tanta voglia di arrivare.
Ho fatto un giro del mondo su una barca lunga il doppio e che offre ben
piu' comfort e sicurezze, dei mini sapevo che erano piccoli e che erano
bagnati, ora ho scoperto anche che sono incredibilmente divertenti e con
prestazioni che hanno dell'incredibile, con gli spinnaker si trasformano in
bolidi che spiattellano sulle onde come noi facevamo nell'oceano pacifico.
Insomma, la barca piccola rende il mare grande.
Forse per questo i Mini sono da sempre la scuola d'eccellenza che forma i
grandi campioni, nel loro piccolo offrono la possibilita' di imparare cio'
che succedera' anche su una barca piu' grande con molto piu' vento. In quanto
al nostro "incidente", non e' certo imputabile alla dimensione
della barca, anzi, a parte il mio bagno fuori programma se lo stesso fosse
successo su una barca grande avremmo avuto problemi ben piu' seri da gestire
ed avremmo sicuramente fatto danni, sul mini a parte lo spavento e' come
essere su un go-kart quando si fanno i testacoda in pista, chi ha tenuto la
curva ti supera, ma ci si rimette subito in pista e si prosegue!
Un'esperienza che difficilemente scordero' e dell'opportunita' devo
ringraziare Jeffrey
MacFarlane, e soprattutto di quella mano che mi ha teso per tirarmi fuori
da una situazione non troppo simpatica.
Il risultato dopo 185 miglia e circa 36 ore di navigazione, oltre ad aver
riportato a casa la pelle, e' una vittoria in classe prototipi e un secondo
posto overall di cui sono comunque contentissimo, specie viste le
circostanze. Per consultare la classifica completa di tutte e 21 gli iscritti
visita la pagina della Classifica
Finale.
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