Cinque giorni di navigazione “In direzione ostinata e
contraria”: dal freddo antartico verso il nord di un’ estate australiana
che oggi segna 38 gradi. Un viaggio nel viaggio i cui giorni ”mancanti”
avrei tanto preferito poterveli raccontare in longitudine, anziché
nella decrescente latitudine che ha scandito i giorni emotivamente più
impegnativi di questa mia straordinaria avventura.
Cosa è successo.
La forte depressione di Natale stava lentamente passando,
le condizioni tuttavia erano ancora dure con grossa onda e un vento
sostenuto che tornava spesso sui 40 nodi. Subito dietro la
depressione si andava formando una situazione meteo piuttosto
complicata e particolare di cui miei meteorologi, già da qualche
giorno, stavano monitorando l’evoluzione.
L’alta pressione formatasi al sud dell’Australia avrebbe
cominciato ad aspirare aria verso nord subito dietro il colmarsi della
depressione che stavamo subendo. Nell’ ultimo aggiornamento meteo la
sentenza non lasciava alternative: mettersi immediatamente di bolina!
Per guadagnare acqua verso sud ed evitare di essere letteralmente
aspirati verso nord da venti sostenuti, in una trappola dalla quale
sarebbe stata ardua impresa liberarsi e guadagnare nuovamente verso
est.
Il problema era rappresentato dal fatto che mettersi di
bolina (contro vento), con 35/40 nodi e un’ onda ancora seriamente
grossa e frangente, è più facile a dirsi che a farsi. In quel momento faccia alla situazione hai l’impressione
che spingere la barra contro non possa che essere un errore. Ho esitato.
Alessandro Pezzoli mi scrive ancora, esortandomi a tentare il
tentabile per evitare quello che sarà un dazio, certo e pesante, da
pagare nel caso contrario.
Ho cazzatto le vele, ho spinto la barra contro il vento e ho cominciato a rimontare quelle colline.
La situazione era ad alta tensione, Italia paurosamente
sbandata arrancava sulle creste cascando nel cavo con delle botte
impressionanti. Malgrado tutto mi sembrava che si potesse fare. Era già
passata un’oretta e stavamo guadagnando, seppur con difficoltà, verso
sud. Allontanandoci dalla trappola incombente.
Su certi treni d’onda le botte erano veramente forti in
quel disagio generale che solo la bolina col tempo duro può regalare.
Tonnellate d’acqua ci passavano letteralmente da parte a parte. Era già
notte e stavo spesso in pozzetto in cerata, bello fradicio ad osservare
attentamente il comportamento di Italia in quella condizione forzata e
cercare di intuire nel buio l’altezza delle onde.
Pieno di orgoglio per la mia barca, anche in quella
condizione stava dimostrando di che pasta è fatta, ero appena sceso
dabbasso, mantenendomi saldamente con attenzione ad ogni passo sulla
barca imbizzarrita, per inviare un messaggio ad Andrea Boscolo e
metterlo al corrente della decisione che probabilmente aveva già
compreso dalla nostra traccia sul tracking. In quel momento è arrivata a bordo una cannonata. Italia è
cascata nel vuoto con un rumore di legno spezzato, si è inclinata sul
fianco e l’onda frangente ci ha sommersi riuscendo, per la pressione, ad
infilarsi ovunque.
Black out.
Gli strumenti si sono spenti, l’antenna satellitare è
andata fuori uso, la centralina del vento ha iniziato a dare cifre
improbabili, il pilota automatico di conseguenza. Niente più mail,
niente più telefono e grosse anomalie all’impianto elettrico in
generale. Con un satellitare Iridium portatile di emergenza riesco, con
grande difficoltà, e solo all’esterno, con l’antenna verso il cielo, a
comunicare al mio team a terra che ho subito un’avaria e faccio rotta
verso nord. Il porto più vicino è quello australiano di Fremantle a 4/5
giorni di navigazione dal punto in cui mi trovo.
Nel frattempo smette di funzionare anche il dissalatore,
probabilmente per le stesse ragioni dovute alle anomalie elettriche.
Per fortuna ho l’acqua di emergenza e da lì attingerò sino al mio
arrivo in porto, l’ultimo giorno dell’anno. Dulcis in fundo, nei giorni
successivi, le riparazioni dei timoni iniziano a dare cenni di
cedimento a causa dei ripetuti sforzi.
La prova più impegnativa
“Sono state giornate furibonde, senza atti d’amore, senza
calma di vento, solo passaggi e passaggi, passaggi di tempo… Che
bell’inganno sei anima mia e che grande questo tempo che solitudine che
bella compagnia”. Questi versi del grande De Andrè mi aiutano a
descrivere quella che è stata la prova più impegnativa di questo
viaggio: accettare ciò che la vita prende e da. Sono passato per tutti i
sentimenti tra quelle fragilità umane che hanno una teoria impeccabile
e una pratica che vacilla. Un tempo lungo, isolato e in solitudine, in
direzione opposta alla destinazione tanto voluta.
Una bella prova, in ogni caso, che ha offerto
paradossalmente molti punti interessanti su una più approfondita
conoscenza personale ed il tempo, tanto tempo, per riflettere. In questo
crudele sport meccanico ci sono una miriade di fattori incontrollabili,
non dipendenti dal proprio operato, altresì pensare di avere il
controllo su ciò che non è da noi controllabile, come tanti eventi della
vita, è una errata forma di onnipotenza. Eppure quando arriva, resta
umanamente un duro mattone da digerire e necessita del suo tempo.
L’arrivo a Fremantle a fare lo slalom tra isole, secche,
cavi galleggianti, delle nasse ad aragoste dei pescatori, navi alla
fonda, bassi fondali all’ingresso di un porto con un’imboccatura
strettissima, in solitario e con 30 nodi di vento varrebbe un capitolo a
se che vi risparmio per la gioia di essere felicemente a buon porto,
barca e uomo ormeggiati in un pontile.
Dopo 65 giorni in solitario le prime facce che
desidereresti incontrare per condividere un momento molto intimo ed
emozionale vorresti che fossero perlomeno familiari. Ma tra controlli
doganali e pratiche burocratiche, oltre un simpatico comitato di
accoglienza tra cui il console italiano e qualche giornalista, ho avuto
anche il mio regalo per l’ultimo dell’anno: Angelo Loi, un caro amico
di infanzia gononese scienziato/agronomo, e sua moglie Donatella che
vivono da più di 20 anni qui a Perth. Sono arrivati a prelevarmi e
regalarmi un’ospitalità regale e un fine anno in buona compagnia.
Mi
sento bene, fisicamente in forma e con la lucidità per prendere
decisioni ponderate e il più possibile libere da influenze emotive. Come sempre dev’essere e per amore di ciò che si fa, il
tempo per un po’ di sconforto è concesso soltanto se è molto breve, poi
le energie vanno messe in avanti anziché sprecarle per guardarsi dietro.
Passata dunque la burrasca, anche interiore, che ha
comunque beneficiato di un tempo speciale e privilegiato di
riflessione, ci siamo rimessi subito all’opera per non lasciare niente
di intentato. La situazione va affrontata con la consapevolezza delle
difficoltà inevitabili dovendo collaborare col mio team che si trova
all’altro capo del mondo e con riparazioni importanti che vanno
affrontate in tempi ragionevoli e che siano in grado di garantire
standard di sicurezza accettabili in funzione della navigazione ancora
lunga fino a casa.
Un altro ostacolo è quello di trovarci in un periodo
simile al nostro Ferragosto, piene vacanze estive. Tuttavia, pur
trovandomi qua da solo per le difficoltà di essere raggiunto in loco dal
team, a causa della grande distanza, sono fiducioso della loro capacità
di coordinare da lontano un’operazione certamente complessa, ma non
impossibile. Sondando tutte le possibilità del caso.
Saluti a tutti dal caldo Australiano
Gaetano e Italia
(www.gaetanomurarecord.com)
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