Eccoci qua, in una breve parentesi di
relativo calo di vento. Abbiamo avuto due giorni tosti con momenti
difficili: una grossa onda che è arrivata anche a 7 metri e più, un
vento montato spesso oltre i 50 nodi. Ma la cosa che impegna
maggiormente, in termini di energie sia fisiche che mentali, è
l’irregolarità. L’Oceano Indiano si mostra particolarmente selvaggio e
turbolento.Nel giro di due ore le condizioni cambiano dieci volte.
Questo significa che devi essere tante ore sul ponte, a fare cambio di
vele sotto l’acqua. Continui a farlo con determinazione, sperando che
sia la volta buona.
Così non è. Arriva un momento che bisogna fare il
calcolo del bilancio energetico personale. Bisogna fermarsi e
recuperare, asciugarsi, scaldarsi. Per poter fare questo bisogna avere
una configurazione (velica) conservativa che può andare nei momenti di
gran rinforzo, ma quando il vento cala drasticamente ti ritrovi sotto invelato a
fare velocità da lumaca. Deprimenti. Una vera frustrazione. Inoltre il
vento cala, ma non l’onda e proprio in quel momento ci vorrebbe potenza
(più superficie velica) per corrergli davanti e non farsi malmenare e strattonare passivamente, in tutti i sensi. Più il rischio di intraversarsi e subire l’onda di fianco facendosi letteralmente sdraiare.
Allora, non
appena sono state rimesse insieme un po’ di energie, vedi inaccettabile
questa situazione. Ritorni in coperta a sbrogliare una mano alla randa,
cambiare il fiocco a prua per ripartire come stamane alle 4 mentre stava, addirittura, uscendo il sole. Sono andato fuori, ho cambiato la vela di prua, ho ridato un po’ di randa.
Non avevo nemmeno finito che è arrivato
il primo groppo a 45 nodi, con l’onda ancora grossa Italia parte in
planate incontrollabili. Il primo lo abbiamo resistito così invelati e
così anche il secondo e il terzo. Ma, ad un certo punto, quando sul
radar c’erano più groppi che spazio abbiamo ceduto, ridurre di nuovo e
così durante il calo facciamo velocità che non ho nemmeno il coraggio di
guardare.
Ieri mattina ho messo insieme nuove
energie per dedicarmi un minimo di tempo: spogliarmi, fare un minimo di
igiene personale con le salviette umide e indossare abbigliamento
asciutto, appena spacchettato dal sottovuoto. Una vera goduria, era un
mesetto che si andava avanti così. Poco dopo ero in coperta per liberare
una mano di terzaroli alla randa (porzione di superficie velica), sono
andato all’albero per liberare lo stroppo (pezzo corto di cima) che
serve per scaricare la borosa (cime che servono a trattenere la tela
ridotta perché non si usuri..).
Non avevo chiuso bene il velcro sul
collo dello Sprytop (giacca impermeabile leggera). Non c’era tanta acqua
sul ponte in quel momento ad eccezione dell’onda che ci ha colpito di
fianco. E’ saltata a bordo sommergendomi e
infilandosi sino alle mutande, infradiciando completamente tutto il
cambio. Appena fatto. Questi sono quei momenti che sommati a
stanchezza, al disordine, ai vari problemi, ai 50 giorni di mare in
solitario già trascorsi…
Quest’onda che ti ha infradiciato è una
questione personale e non casuale, percepita come un ceffone a mano
piena espressamente dedicato a te. E il mare che lo ha dato perché ce
l’ha con te. E tutti i problemi, anche i più piccoli, sembrano
ingigantirsi in quel momento e tutt’intorno hai una percezione di
ostilità, ogni cosa appare più difficile, se non impossibile. Ed è qua
che una certa parte del cervello trova invece acque facili da navigare
per dirigersi in planata verso quel vittimismo… pochi minuti sono pure
concessi, siamo uomini, ma cosa pensavi di trovare qua? L’Aliseo a 25
nodi sotto il sole caldo in maniche corte?
Questa è la navigazione più
dura al mondo caro mio, è ciò che sei venuto a cercare. Non ci risulta
che quell’onda sia venuta a cercarti a casa, questo luogo e la sua fama
sono tali per tutto ciò che descrivi e hai scelto tu di venire quaggiù. E
poi da queste parti non c’è posto per cose inutili. Ti fermi, scendi
dabbasso a riflettere un po’, cercando di ignorare temporaneamente le
misere cifre della velocità sul display per affrontare un’analisi reale
della situazione, cercando a tutti i costi la lucidità e l’obiettività.
L’onda l’hai presa per coglionaggine tua,
dovevi serrare il collo in neoprene e non l’hai fatto. Qua è vietato
sbagliare, perché ogni cosa sbagliata si paga salata, anche nel vero
senso della parola. E lo sai bene. L’onda che è saltata in quel momento
era una delle migliaia e se lo ha fatto per te personalmente è per
insegnarti qualcosa da non ripetere. Sentiti un privilegiato per la
considerazione che ti dedica. Il tempo è così com’è, ma è a casa sua e
ne ha tutto il diritto. Se decidi di navigare qua devi accettarlo.
E’ un pasto cucinato caldo, con grande
difficoltà, gratifica il palato e l’autostima. Forza e coraggio
marinaio. Pian piano anche i problemi si ridimensionano e ogni cosa
riprende il suo posto. La burrasca resta, avremmo tutta una settimana di
tempo duro e difficile. Bisogna guardare il bicchiere mezzo pieno anche
solo vedendo i disastri , ahimè, subiti da alcune barche del Vendée
Globe.
Ci siamo asciugati, ricambiati, messo in
ordine tutta la barca assieme alle idee. Si prosegue determinati e a
testa bassa. Scrivere spesso è complicato, non solo per questioni
pratiche, ma per la mente concentrata in ben altro. Un saluto a tutti e grazie di cuore per tutta la solidarietà che ho potuto leggere.
Gaetano e Italia.
(www.gaetanomurarecord.com)
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