mercoledì 15 ottobre 2014

MINI 6.50 - Stefano Paltrinieri racconta: la mia AIR 2014


Le 14 di domenica 21 settembre, si parte!  Era ora… lungo e faticoso è stato per me ed Adrenalina l’avvicinamento alla regata.  Il consueto Duathlon gardesano per portare l’auto in cantiere e tornare in bici sotto l’acqua battente, la rimonta fino a Campione contro un Peler da 30 nodi fissi, un’assassina retromarcia finita contro un palo, con danni che mi sarei potuto comprare una vela nuova… durante le 25 ore di viaggio fino a Valencia mi sono chiesto più volte se tutto questo fosse ragionevole per una regata di due giorni.
All’arrivo, stravolti, io ed il bravo preparatore Mauro Vacchino ci attendiamo una logistica all’altezza ed invece Bret: questa è la gru (vecchiotta) questo è il telecomando, queste le due cinghie (striminzite), mettete una cima a poppa ed una a prua e… buon lavoro!
Per fortuna Dominik e Tamas sono della partita e, aiutandoci a vicenda, veniamo a capo del busillis. Certo che se il buon giorno si vede dal mattino…

Mi sono sempre chiesto come faccia madrenatura a porre le isole del percorso giusto giusto nel letto del vento, che neanche il più scafato dei Comitati di Regata.
Anche stavolta le Colubretes, distanti 55 miglia sono da guadagnare in bordeggio serrato, giocando sui minimi e periodici scarsi.
Ha ragione Pedote quando dice che sui Mini con 15 nodi di bolina già non ti diverti più. Qui i nodi sono 16-17. Si va a tutta tela, border line, i ballast carichi e tutto ben matossato.
Brava Adrenalina! Coi Proto più recenti non c’è storia ma mi sbroglio bene coi Serie e, in fondo, il mio obiettivo è stare in un gruppo di 650 per divertirmi con loro.
Approfitto del fatto di essere in gruppo per sperimentare la migliore soluzione per stabilizzare il timone quando riposo.
Pilota principale, pilotino, cimetta… alla fine quest’ultima si rivela (e lo sapevo già ) la migliore soluzione e non è raro che quando esca dopo i frequenti (anche ogni ora) break di 15 minuti scopra che la barca ha preso del bel sopravvento all’avversario di turno, meglio di quanto avrei potuto fare io… E bravo Felci!
Fa molto caldo. In cabina devo tenere un’asciugamano in fronte per detergere costantemente il sudore. D’istinto trangugerei acqua su acqua, ma ho portato 12 litri e mi trattengo, un pò preoccupato. Se continua così…
Comincia il fraseggio dei bordi ed il campo di regata si complica, con i mini sparpagliati su una scacchiera non più controllabile. Bene le manovre, che del resto ho provato tante volte, con simulazioni di virate con ballast e matossage anche sul Garda.
L’imbrunire non smentisce le previsioni della vigilia che assicuravano forte instabilità, con la certezza di incappare in forti temporali.
Il cielo si oscura ovunque ed a NE cominciano ad occhieggiare lampi a ripetizione.
Nelle ultime 10 miglia il vento cala, il mare si calma ed il bordo mure a sx si dichiara nettamente come il favorevole.
Avanziamo, alleggeriti dal surplus di acqua e coi pesi più in centro, come missili. Il pilotino assolve bene la funzione vento apparente.
A parte il fatto che non vedremo le Colubretes con la luce del giorno tutto sarebbe super OK… se non fosse per il fatto che i lampi hanno assunto una frequenza parossistica, da flashlight e la loro vicinanza ed intensità fanno stagliare nell’oscurità i contorni sinistri degli isolotti a Sud del Grande Colubretes.
Finalmente possiamo poggiare, in rotta per Ibiza!
Non passano che pochi minuti, quando, come mi raccontava Tommy Stella a proposito dei groppi negli Alisei sento sulla spalla sinistra un soffio di aria fredda…
Ci siamo ragazzi! E’ la rumba, quella che temiamo prima che arrivi ma che ci muove adrenalinicamente all’azione quando arriva.
I meccanismi sono ben oliati. Nel mio menù di allenamento non passa mese senza che provi la procedura per la tormentina e le ultime miglia fino a Campione sono state assolutamente realistiche.
Due mani alla randa e, non me ne vergogno affatto, l’aranciona a prua.
Non ne leggo più di 32 all’anemometro ma non so fino a quando potranno salire nella notte nerissima.
Ben fatto! All’alba le barche che avevano girato con me l’arcipelago le scorgo 1-2 miglia a poppa. Significa che ho agito bene nel cambio di passo.
Si va!
Il cielo è da paura, vento instabile per direzione e forza, ma coi pesi ben arretrati Adrenalina si sciroppa questo gran lasco lasciandomi anche riposare ogni tanto. Sono fradicio per la pioggia diluviale, ho finito il gas del fornello (non si impara mai abbastanza eh?) ma mi impegno, ridando tela a prua appena posso e giocando sul passare da due mani a zero e viceversa appena il vento lo richiede.
Anche troppo! La mia randa è pesantissima e dopo qualche ora mi dico: Ste ora basta! Ti stai esaurendo… lascia due mani e morta lì!
Ecco Ibiza. Com’è piccolo il mare quando peli sempre i 10 nodi!
Il cielo non mi dice nulla di buono. L’ultima cosa che vorrei è manovrare con costa sottovento. Rimetto la TMT e mi gusto planate a quasi 11, pur coi fazzolettini che ho a riva.
Non mi fiderò più della forza di vento fornita dai tracking delle regate. Ho riletto le mie tracce e in questo stesso punto non venivano dichiarati che 10 nodi! Ridicolo!
Che bella la vela nella sua imprevedibilità magica.
Non passano che poche decine di minuti dalla baraonda di cui sopra… e sono alle prese con una brezza da ovest, spinto dall’onda da poppa e sotto un cielo azzurro senza se e senza ma.
Ibiza scorre bellissima alla mia destra ed al tramonto mi copre una volta di stelle che era un bel pò che non gustavo così ricca, senza l’interferenza della minima luce.
L’unico rimpianto è che sono parecchio stanco e devo sottrarmi a malincuore con buona frequenza a questo incanto per ricaricare le batterie e buttarmi in cuccetta.
La brutta sorpresa è che il nuovo sacco che credevo stagno non lo era affatto e molti dei ricambi su cui contavo sono inutilizzabili.Per fortuna ho celato in un un ulteriore sacchetto, quello si stagno, qualche capo d’emergenza e con quello mi rendo plausibile per le miglia che mancano alla fine.
La bolina rinforza da ballast, ma il mare è sempre calmo e le stelle sempre vigili.
Doppio alla grand vitesse la punta est di Formentera con un disegno ben chiaro: niente bordeggio in costa (non ne avrei le forze e la voglia) ma bordo per 220 al largo con virata sui 320 a scapolare la punta ovest dell’isola, prua su Valencia.
Si parlava di vela imprevedibile eh? Non passano venti minuti e, ora sull’isola, ora più al largo riprendono ad occhieggiare i lampi!
Tempo qualche decina di minuti che sono avvolto dal nero seppia. Decido di anticipare e rimetto le due mani alla randa ed anche DUE al fiocco, ciondolando un pò, come un soldato in trincea in attesa dell’assalto.
Non è come alle Colubretes. Quando mena il vento è meno impetuoso, al punto di potermi ritenere sottoinvelato, ma in compenso è instabile per forza e direzione ed i fulmini cadono vicinissimi.
Devo virare più volte, valutando con orrore una rotta verso l’isola alla fine del groppo. Ad un certo punto rinuncio, esausto, a matossare ed a legare i matafioni delle mani, che è sempre un’operazione pericolosa e faticosa, se reiterata ogni quarto d’ora.
Ma finora abbiamo scherzato!
Il mio orizzonte visivo diventa in un attimo arancione, una scossa elettrica mi obbliga a lasciare il timone e dal cielo cade un diluvio, che pare che fin’ora fosse una acquerugiola marzolina.
Basta! Metto la regata tra parentesi, ammaino e zerlo il genoa, stacco le batterie, lascio la randa al centro con un pò di lasco alla scotta e mi chiudo in cabina.
Vi passo un’ora indimenticabile, quattato sotto la coperta, come nel ventre della mamma, con la pioggia che tambureggia violentissima su Adrenalina e gli oblò che riflettono i lampi accecanti.
Tengo al collo la bussola di rilevamento per verificare la rotta che, almeno quello!) rimane sempre per i fantastici 320.
La regia abbiamo ormai capito che sia assolutamente sapiente.
Ormai sul far dell’alba metto fuori il naso e… l’ennesima magia.
Il mare è spianato come una tavola, le nubi sempre imponenti ma ormai depotenziate ed innocue, hanno assunto una colorazione arancio-azzurrina indescrivibile e la costa di Ibiza scorre poche miglia a NE, coi suoi bellissimi isolotti, meravigliosamente sfumati dalla foschia dell’alba umidissima.
Ed ora diventa una regata normale, quella per cui ero venuto fin qua!
Lo spi sale a riva per la prima volta, stendo tutto ad asciugare e manovro senza vestiti, con la bellissima sensazione del tepore sulla pelle. Che bella la vela!
Dopo il black out notturno riappaiono le altre barche ed in pochi minuti riesco a contarne sei. Va bene, dai…
Le ultima 50 miglia saranno di puro agonismo.
Purtroppo devo picchiare il naso sul mio piano velico un pò obsoleto.
Uno spi grande, che grande non è ma è leggerissimo di tessuto, un frullone pesante di 11 anni, uno leggero troppo grande e grasso, mi obbligano, col passare del vento da traverso con 5 nodi a poppa con 22 a ben quattro cambi di vele mentre gli altri… sempre e solo con spi massimo!
Allora non lo sapevo ma , con tutto, navigavo ancora in un’ottima sesta posizione assoluta.
Esiziali le ultime 20 miglia.
Di colpo gira di bolina larga sui 15 nodi. Se alle portanti ho tenuto complessivamente botta, a quell’andatura non ho di che difendermi.
L’Argo 858 ed il primo dei P2 mi sgommano davanti e li rivedrò solo in banchina.
Taglio la linea di arrivo poco dopo la mezzanotte.
Le mie condizioni generali sono buone, al punto che scommetterei su qualche altra esperienza in solitario in futuro.
Preparazione fisica accurata, tante manovre, visualizzazione a secco, una 28 ore di fila sul lago… si, i tasselli sono andati tutti al posto giusto ed è valsa la pena di venire fin qui per vivere tutto questo.
Alla prossima!
(da www.classemini.it di Stefano Paltrinieri)
 

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