Ieri la velista off-shore Dee Caffari ci ha raccontato le sue impressioni a
proposito di questa tappa. Oggi è Annie Lush a condividere con noi la sua
esperienza. Annie ha un passato come velista olimpionica, ove ogni minimo
dettaglio conta. Lavori duro per diventare anche solo un centesimo di secondo
più veloce, e lotti costantemente per raggiungere la perfezione in ogni tua
mossa. Questa tappa ha rappresentato una sfida personale, e non per i motivi che
mi aspettavo, come le dure condizioni. È stato freddo, ventoso, la vita a bordo
è stata dura, ma quello per cui ho lottato di più è stato trovare un equilibrio
tra l’arte della navigazione, il livello di rischio accettabile da un lato e la
necessità di spingere la barca al massimo dall’altro.
Da quando abbiamo fatto la
strambata cinese abbiamo rallentato, siamo passate ad una modalità di
navigazione più conservativa e abbiamo portato la barca al 70% delle sue
possibilità. Alle volte era necessario, altre volte avevo la sensazione che
eravamo troppo caute, e troppo lente. Sono abituata a cercare sempre quell’extra
0,1 % in più, perciò per me è stato difficile navigare in questo modo.
L’obiettivo principale era girare Capo Horn sane e salve, e poi navigare in
“modalità race” verso la costa. Ma alla fine, una volta passate, eravamo 600
miglia indietro, e per noi non c’era più possibilità di competere con gli altri.
Non vedo l’ora di ritornare a quello che per me è il vero regatare. Per come la
vedo io, nel corso di questa tappa abbiamo navigato, ma non abbiamo regatato.
Oggi gli altri sono tutti racchiusi nel giro di 8 miglia e ciò avviene dopo aver
percorso 6.000 miglia.
Guardando le cose in prospettiva, abbiamo sicuramente imparato molto dal
punto di vista della conduzione della barca e della gestione di situazioni con
molto vento e grandi onde. Sono certa che ora possiamo affrontare le condizioni
più dure, e gestire meglio molte di queste situazioni. Dal punto di vista della
performance non abbiamo fatto buoni numeri. Ma c’è da dire che abbiamo navigato
spesso con moltissimo vento e grandi onde. Io sono diventata molto più forte
come timoniera in condizioni di vento sostenuto, ed anche nel capire la barca e
nel regolare le vele: penso che da questo punto di vista siamo tutte decisamente
migliorate rispetto alla prima tappa dove venivamo semplicemente e rapidamente
sorpassate da tutti in condizioni di vento forte. Ora sappiamo di poter essere
veloci e di essere in grado di restare con il gruppo; in effetti lo eravamo fino
a che non abbiamo avuto l’incidente, e anche dopo. Dobbiamo ancora attraversare
l’Atlantico e lì si che impareremo molto. E ci divertiremo anche, io mi sono
divertita molto a timonare a 25 nodi!
La mia speranza per il resto della regata è di continuare ad imparare e a
migliorare. Penso che l’intera flotta si stia compattando come livello, e che
stiamo imparando gli uni dagli altri. La distanza finale che abbiamo dal gruppo
in questa tappa non lo rispecchia, ma forse si evince dalla prima settimana. Le
prossime tappa saranno più corte, con condizioni meno estreme, perciò spero che
avremo una buona prima settimana, come l’abbiamo avuta in questa tappa e che
terremo duro più a lungo in modo da giocarcela veramente nelle tappe brevi.
Abbiamo imparato molto, spero che potremo uscire da questa modalità di
navigazione in sicurezza e tornare alla modalità regata, in modo da essere
competitive nelle prossime tappe brevi. Mi piacerebbe sicuramente poter salire
su un gradino del podio alla fine di tutto questo. Niente sarebbe più bello che
arrivare a Gothenburg in quella posizione, e ritengo che ciò sia possibile. (www.teamsca.com)
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