Matteo si trova circa a 10oS 32oW a circa
600 miglia dall'Equatore e a breve incrocerà la rotta dell'andata. Si trova ancor sotto l'influsso dell'aliseo di sud-est. Come ha
rilevato Alessandro Pezzoli, rispetto all'andata la zona di convergenza
intertropicale (ITCZ Intertropical Convergence Zone) si è spostata verso sud (all'andata
si trovava circa a 5o N) e si trova grossomodo lungo la linea 02S020W, 03S030W AND
05S040W ed è larga circa 3/4 gradi. Passata l'ITCZ Matteo entrerà nell'aliseo
dell'emisfero boreale con vento da NNE-NE con velocità di circa 20-25KTS e di
conseguenza inizierà una lunga bolina. Il passaggio migliore dell'ITCZ ora si
trova a 3oS-28oW e quindi Matteo punta in questa zona.
Per chi non se lo ricorda, l'ITCZ è un'area del pianeta situata
in prossimità dell'equatore, soggetta ad oscillazione stagionale di latitudine,
dove si verifica la convergenza degli alisei degli emisferi boreale e australe che
causa la risalita verso l'alto di masse d'aria calda le quali determinano l'area di instabilità equatoriale
con "groppi" (cumulonembi) che producono variazioni improvvise di
intensità e direzione del vento, piogge e temporali. Comunque l'intensità del
vento difficilmente supera i 25-30KTS per lungo tempo e pertanto è
relativamente semplice la navigazione e il moto ondoso è modesto. Consiglio a
tutti una crociera in questa zona ad esempio in Oceano Indiano alle Seychelles
uno dei posti più belli al mondo.
Matteo ha il morale alto e nei giorni scorsi si è dedicato ad
alcune riparazioni. E' salito anche sull'albero e ha ripristinato l'attacco di
drizza del fiocco rimettendo in funzione l'avvolgifiocco.
L'altro ieri la barca Cheminees Poujoulat con a bordo lo
svizzero Bernard Stamm e il francese Jean La Cam ha superato ECO40. Sono in
testa, con un margine enorme sul secondo a 1400 miglia e sul terzo a 3400
miglia, alla Barcellona World Race, regata in doppio con lo stesso percorso di
Matteo e con partenza e ritorno a Barcellona. Le barche sono IMOCA 60 (circa 18
metri) molto costose e veloci.
Allego gli ultimi due rapporti settimanali di ECO 40 fatti da
Marco del Bianco della Modimar, che ringrazio.
Poiché la funzione di questo diario da terra è anche quella di
attirare l'attenzione degli studenti di ingegneria o di altre discipline che si
occupano di onde, oggi riporto una nota che mi ha preparato il Prof. Alberto Noli
sulle onde che si generano e si propagano intorno all'Antartico.
E’ cosa risaputa che la zona circumpolare meridionale, compresa
fra i paralleli 40° e 60° di latitudine Sud, è interessata da venti che spirano
quasi incessantemente da Ovest verso Est, senza incontrare ostacoli lungo il
loro percorso. Nei libri che parlano della navigazione dei clippers a vela i venti che spirano fra i 40°S e i 50°S sono
detti ruggenti (roaring forties), quelli fra i 50°S e i 60°S urlanti (furious
fifties), in base al rumore percepito dagli equipaggi e provocato
dall’interazione del vento con le alberature e il sartiame.
Il moto ondoso generato da tali venti ha modo di svilupparsi
interamente, giungendo alle condizioni di stazionarietà, o, come si dice
tecnicamente, di sviluppo completo (fully arisen sea, FAS). E’ quindi
convinzione comune che la zona circumpolare predetta sia interessata
permanentemente da venti violenti e onde
gigantesche. Peraltro la navigazione di Matteo, con la sua suggestiva
documentazione fotografica, ci ha mostrato che anche in quelle disgraziate
latitudini si verificano giorni di relativa calma di vento e di mare
sostanzialmente piatto. Ci si può chiedere a cosa attribuire questi intervalli
di calma relativa, approfondendo un po’ la questione della crescita e della
propagazione del moto ondoso, argomento che viene sempre trattato nei corsi di
Costruzioni Marittime.
Uno “stato di mare”, come si definisce in termini tecnici
l’insieme delle onde all’interno di una determinata superficie, viene generato
per azione del vento (di velocità superiore a una soglia che per comodità si
può fissare in 10 nodi) che agisce sulla cosiddetta area di generazione o
“fetch”. Nel caso delle masse oceaniche il fetch viene approssimata a un’area
ellittica che può variare di dimensioni nel tempo e può spostarsi nello spazio. Nei mari chiusi,
come il Mediterraneo, il fetch è generalmente fisso e limitato dalla presenza
delle terre emerse.
Negli Oceani, una volta che, all’interno di un fetch, si è
raggiunto lo stato stazionario, le onde abbandonano l’area di generazione (il
fronte del fetch), disperdendosi sia circonferenzialmente ch radialmente. Tali
onde vengono dette di mare morto (swell) per distinguerle da quelle di mare
vivo (sea) all’interno del fetch. Le onde subiscono una dispersione radiale in
quanto le singole componenti del moto ondoso si muovono con celerità ( termine
che viene preferito a velocità in quanto si riferisce a una propagazione
apparente di materia) differente, dipendentemente dal loro periodo;
circonferenziale in quanto le singole onde si muovono secondo la loro direzione
di propagazione iniziale, che è variabile e diversa da quella prevalente
dell’azione del vento all’interno del fetch. La maggior parte della dispersione
angolare dell’energia è compresa fra +30° e -30° rispetto alla direzione
principale. Il settore di 60° viene preso generalmente in considerazione quando
si tratta della dispersione del moto ondoso.
Si dimostra facilmente che a una distanza non molto grande dal
termine del fetch ( non più di 4÷5 volte l’estensione in larghezza del fetch),
la riduzione dell’energia del moto ondoso è pari a circa il 10% dell’energia
iniziale e quindi l’altezza delle onde ,al
cui quadrato è proporzionale l’energia, si riduce notevolmente. Si noti
bene che invece le perdite di energia per fattori dissipativi ( attrito interno,
viscosità ecc.) sono assolutamente trascurabili. La spiegazione di cui sopra si
applica ad esempio alle onde californiane, cavalcate ogni giorno dagli
appassionati di surf, che provengono in generale dalla zona circostante le
isole Figi, distanti all’incirca 5000 miglia nautiche.
Questa lunga premessa ha unicamente lo scopo di far riflettere
sul fatto che, una volta formatosi uno stato di mare e terminata la causa
generatrice, la decrescita delle caratteristiche del moto ondoso è abbastanza
rapida e interessa vaste estensioni marine.
Nel caso particolare della fascia circumpolare dominata dai
venti occidentali c’è da aggiungere che le onde si propagano sì secondo la loro
direzione iniziale di generazione, ma seguendo rotte ortodromiche. Queste
coincidono con i meridiani, ma non coincidono mai con un parallelo, a meno che
non sia l’equatore. Lo scostamento dai paralleli è sensibile proprio alle alte
latitudini, presso i circoli polari. Ciò significa che, se anche per caso il
vento generatore del moto ondoso avesse spirato esattamente da Ovest verso Est,
le onde, abbandonando il fetch, si dirigono in generale verso zone a latitudini
minori, disperdendo la loro energia in vaste zone oceaniche, o , talvolta,
verso zone a latitudini maggiori, dissipando la loro energie lungo la banchisa
polare.
La conclusione è che, sia perché i venti normalmente non spirano da
Ovest verso Est (risulta chiaro esaminando i dati trasmessi periodicamente
dalla barca), sia a causa dei fenomeni di dispersione di cui si è detto, può accadere
facilmente che anche poche ore dopo la fine di una sventolata come quelle che
hanno investito il povero Matteo, nella fascia intorno a uno dei paralleli
maledetti si possano riscontrare periodi
di relativa calma di mare
Anche per questa sera è tutto
Buon vento a Matteo, e buona domenica a tutti
Paolo De Girolamo
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