lunedì 9 marzo 2015

ROMA OCEAN WORLD - Update Matteo Miceli 2015_03_08 ore 21.00 UTC


Matteo si trova circa a 10oS 32oW a circa 600 miglia dall'Equatore e a breve incrocerà la rotta dell'andata.  Si trova ancor sotto l'influsso dell'aliseo di sud-est. Come ha rilevato Alessandro Pezzoli, rispetto all'andata la zona di convergenza intertropicale (ITCZ Intertropical Convergence Zone) si è spostata verso sud (all'andata si trovava circa a 5o N) e si trova  grossomodo lungo la linea 02S020W, 03S030W AND 05S040W ed è larga circa 3/4 gradi. Passata l'ITCZ Matteo entrerà nell'aliseo dell'emisfero boreale con vento da NNE-NE con velocità di circa 20-25KTS e di conseguenza inizierà una lunga bolina. Il passaggio migliore dell'ITCZ ora si trova a 3oS-28oW e quindi Matteo punta in questa zona.
 
Per chi non se lo ricorda, l'ITCZ è un'area del pianeta situata in prossimità dell'equatore, soggetta ad oscillazione stagionale di latitudine, dove si verifica la convergenza degli alisei degli emisferi boreale e australe che causa la risalita verso l'alto di masse d'aria calda le quali  determinano l'area di instabilità equatoriale con "groppi" (cumulonembi) che producono variazioni improvvise di intensità e direzione del vento, piogge e temporali. Comunque l'intensità del vento difficilmente supera i 25-30KTS per lungo tempo e pertanto è relativamente semplice la navigazione e il moto ondoso è modesto. Consiglio a tutti una crociera in questa zona ad esempio in Oceano Indiano alle Seychelles uno dei posti più belli al mondo.

Matteo ha il morale alto e nei giorni scorsi si è dedicato ad alcune riparazioni. E' salito anche sull'albero e ha ripristinato l'attacco di drizza del fiocco rimettendo in funzione l'avvolgifiocco.

L'altro ieri la barca  Cheminees Poujoulat con a bordo lo svizzero Bernard Stamm e il francese Jean La Cam ha superato ECO40. Sono in testa, con un margine enorme sul secondo a 1400 miglia e sul terzo a 3400 miglia, alla Barcellona World Race, regata in doppio con lo stesso percorso di Matteo e con partenza e ritorno a Barcellona. Le barche sono IMOCA 60 (circa 18 metri) molto costose e veloci.

Allego gli ultimi due rapporti settimanali di ECO 40 fatti da Marco del Bianco della Modimar, che ringrazio.

Poiché la funzione di questo diario da terra è anche quella di attirare l'attenzione degli studenti di ingegneria o di altre discipline che si occupano di onde, oggi riporto una nota che mi ha preparato il Prof. Alberto Noli sulle onde che si generano e si propagano intorno all'Antartico.

E’ cosa risaputa che la zona circumpolare meridionale, compresa fra i paralleli 40° e 60° di latitudine Sud, è interessata da venti che spirano quasi incessantemente da Ovest verso Est, senza incontrare ostacoli lungo il loro percorso. Nei libri che parlano della navigazione dei clippers a vela  i venti che spirano fra i 40°S e i 50°S sono detti ruggenti (roaring forties), quelli fra i 50°S e i 60°S urlanti (furious fifties), in base al rumore percepito dagli equipaggi e provocato dall’interazione del vento con le alberature e il sartiame.

Il moto ondoso generato da tali venti ha modo di svilupparsi interamente, giungendo alle condizioni di stazionarietà, o, come si dice tecnicamente, di sviluppo completo (fully arisen sea, FAS). E’ quindi convinzione comune che la zona circumpolare predetta sia interessata permanentemente  da venti violenti e onde gigantesche. Peraltro la navigazione di Matteo, con la sua suggestiva documentazione fotografica, ci ha mostrato che anche in quelle disgraziate latitudini si verificano giorni di relativa calma di vento e di mare sostanzialmente piatto. Ci si può chiedere a cosa attribuire questi intervalli di calma relativa, approfondendo un po’ la questione della crescita e della propagazione del moto ondoso, argomento che viene sempre trattato nei corsi di Costruzioni Marittime.

Uno “stato di mare”, come si definisce in termini tecnici l’insieme delle onde all’interno di una determinata superficie, viene generato per azione del vento (di velocità superiore a una soglia che per comodità si può fissare in 10 nodi) che agisce sulla cosiddetta area di generazione o “fetch”. Nel caso delle masse oceaniche il fetch viene approssimata a un’area ellittica che può variare di dimensioni nel tempo  e può spostarsi nello spazio. Nei mari chiusi, come il Mediterraneo, il fetch è generalmente fisso e limitato dalla presenza delle terre emerse.

Negli Oceani, una volta che, all’interno di un fetch, si è raggiunto lo stato stazionario, le onde abbandonano l’area di generazione (il fronte del fetch), disperdendosi sia circonferenzialmente ch radialmente. Tali onde vengono dette di mare morto (swell) per distinguerle da quelle di mare vivo (sea) all’interno del fetch. Le onde subiscono una dispersione radiale in quanto le singole componenti del moto ondoso si muovono con celerità ( termine che viene preferito a velocità in quanto si riferisce a una propagazione apparente di materia) differente, dipendentemente dal loro periodo; circonferenziale in quanto le singole onde si muovono secondo la loro direzione di propagazione iniziale, che è variabile e diversa da quella prevalente dell’azione del vento all’interno del fetch. La maggior parte della dispersione angolare dell’energia è compresa fra +30° e -30° rispetto alla direzione principale. Il settore di 60° viene preso generalmente in considerazione quando si tratta della dispersione del moto ondoso.

Si dimostra facilmente che a una distanza non molto grande dal termine del fetch ( non più di 4÷5 volte l’estensione in larghezza del fetch), la riduzione dell’energia del moto ondoso è pari a circa il 10% dell’energia iniziale e quindi l’altezza delle onde ,al  cui quadrato è proporzionale l’energia, si riduce notevolmente. Si noti bene che invece le perdite di energia per fattori dissipativi ( attrito interno, viscosità ecc.) sono assolutamente trascurabili. La spiegazione di cui sopra si applica ad esempio alle onde californiane, cavalcate ogni giorno dagli appassionati di surf, che provengono in generale dalla zona circostante le isole Figi, distanti all’incirca 5000 miglia nautiche.

Questa lunga premessa ha unicamente lo scopo di far riflettere sul fatto che, una volta formatosi uno stato di mare e terminata la causa generatrice, la decrescita delle caratteristiche del moto ondoso è abbastanza rapida e interessa vaste estensioni marine.

Nel caso particolare della fascia circumpolare dominata dai venti occidentali c’è da aggiungere che le onde si propagano sì secondo la loro direzione iniziale di generazione, ma seguendo rotte ortodromiche. Queste coincidono con i meridiani, ma non coincidono mai con un parallelo, a meno che non sia l’equatore. Lo scostamento dai paralleli è sensibile proprio alle alte latitudini, presso i circoli polari. Ciò significa che, se anche per caso il vento generatore del moto ondoso avesse spirato esattamente da Ovest verso Est, le onde, abbandonando il fetch, si dirigono in generale verso zone a latitudini minori, disperdendo la loro energia in vaste zone oceaniche, o , talvolta, verso zone a latitudini maggiori, dissipando la loro energie lungo la banchisa polare. 

La conclusione è che, sia perché i venti normalmente non spirano da Ovest verso Est (risulta chiaro esaminando i dati trasmessi periodicamente dalla barca), sia a causa dei fenomeni di dispersione di cui si è detto, può accadere facilmente che anche poche ore dopo la fine di una sventolata come quelle che hanno investito il povero Matteo, nella fascia intorno a uno dei paralleli maledetti si possano riscontrare periodi  di relativa calma di mare
  
Anche per questa sera è tutto
Buon vento a Matteo, e buona domenica a tutti

Paolo De Girolamo

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