Dopo
otto mesi in mare, 20.129 persone soccorse e oltre 120 operazioni di
ricerca e soccorso effettuate, la Bourbon Argos, l’ultima nave di Medici Senza Frontiere (MSF) rimasta
in azione, è rientrata in porto il 30 dicembre 2015. L’inverno ha
ridotto il numero di persone che attraversano il Mediterraneo centrale e
MSF ritiene che vi siano abbastanza risorse per affrontare le necessità
del momento, ma rinnova l’appello alle autorità europee perché
forniscano risorse adeguate e specifiche per evitare tragedie nei
prossimi mesi, quando il numero di partenze presumibilmente aumenterà di
nuovo.
“Nessuna
delle persone a bordo dei barconi che abbiamo soccorso sarebbe riuscita
ad arrivare in modo sicuro senza il nostro intervento”, ha detto Stefano Argenziano, coordinatore delle operazioni per la migrazione di MSF. “Rimaniamo
assolutamente convinti dell'importanza di avere specifiche attività di
ricerca e soccorso per salvare vite umane, ma siamo medici e l’attività
di ricerca e soccorso non dovrebbe essere il nostro lavoro. Ci auguriamo
vivamente che le risorse europee saranno sufficienti nel 2016 e che le
nostre navi non saranno necessarie".
Nonostante
la fine delle operazioni di MSF nel Mediterraneo centrale,
l'organizzazione rimane pronta a intervenire qualora l'Unione Europea e i
suoi Stati membri non riusciranno a proteggere la vita delle migliaia
di uomini, donne e bambini, che nei prossimi mesi saranno costretti ad
abbandonare il Nord Africa per raggiungere l’Europa.
Come
dichiarato quando la prima nave di MSF è entrata in azione, nel maggio
2015, le attività di ricerca e soccorso in mare permanenti non sono una
soluzione per la migrazione via mare, sono solo una misura temporanea
per mitigare la perdita di vite umane causata dalle politiche di
controllo delle frontiere, che costringono le persone ad attraversare il
mare in cerca di protezione. Il 2015, nonostante il dispiegamento di
maggiori risorse, è stato l'anno con il più alto numero di vittime nel
Mediterraneo: le cifre ufficiali parlano di 3.771 uomini, donne e
bambini annegati o scomparsi nel tentativo di raggiungere le coste
europee, ma i numeri effettivi sono verosimilmente molto più alti.
Complessivamente,
le équipe di MSF a bordo delle tre navi di ricerca e soccorso hanno
assistito nel 2015 oltre 23.000 persone in difficoltà, attraverso
salvataggi diretti (20.129) e trasferimenti da o verso altre navi. MSF
ha partecipato a 120 diversi interventi di soccorso e più di 80 sbarchi
in Italia. I dati provenienti dalla Bourbon Argos mostrano che 4.424
delle persone soccorse (43%) avevano bisogno di cure mediche, 355 (8%)
presentavano gravi condizioni di salute e 140 (1,4%) erano donne in
gravidanza.
“È
assolutamente essenziale che l'Unione Europea e gli Stati membri
assicurino risorse dedicate e proattive per poter reagire entro un'ora
dalla chiamata di soccorso. Ma le attività di ricerca e soccorso non
possono fermare le morti in mare”, afferma Brice de la Vingne, direttore delle operazioni di MSF. "Solo
l’avvio di politiche e azioni che garantiscano vie legali e sicure per
raggiungere l’Europa potrà davvero porre fine alle morti in mare, sia
nel Mediterraneo centrale che nell’Egeo, ed evitare che le persone
debbano affidarsi a scafisti e barconi sovraffollati per raggiungere
l’Europa”.
Da maggio 2015 MSF ha effettuato attività di ricerca e soccorso in mare su tre diverse navi, la Bourbon Argos, la Dignity I e la My Phoenix.
In Italia, MSF offre assistenza a migranti e rifugiati dal 2002. Nel
2015 ha lavorato all’interno del Centro di Primo Soccorso e Accoglienza
di Pozzallo e nei centri di Accoglienza straordinaria della provincia di
Ragusa. Nel 2016 MSF continuerà la propria attività nei porti italiani
con l’équipe di primo soccorso psicologico (PFA), che l’anno scorso ha
assistito complessivamente 2500 persone sopravvissute a eventi
traumatici durante il viaggio, e continuerà ad assistere rifugiati e
migranti in vari progetti a Trapani, Catania, Roma e Gorizia, ribadendo
il proprio appello per il rispetto di condizioni adeguate di accoglienza
e l’adozione di un modello che presti maggiore attenzione ai bisogni
dei più vulnerabili.
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