Leggendo
diversi articoli,
comunicati, opinioni e commenti sulla Mini Transat pubblicati in queste
settimane, mi rendo conto che aleggiano due grandi sensi di stupore per:
l'ingenuità dell'organizzazione a far partire la regata troppo tardi; il
primo posto (purtroppo solo ufficioso) di Giancarlo Pedote. Mi associo
al primo, mi dissocio dal secondo. Il
motivo per cui i francesi,
che tra regate transatlantiche e giri del mondo organizzano praticamente
ogni anno almeno un evento oceanico di grande livello, abbiano deciso
di dare
la partenza della Mini Transat il 13 ottobre e non a settembre, resta un
mistero. Lo stesso Giancarlo Pedote, già l'anno scorso, aveva detto
che questa era una scelta molto rischiosa, proprio per via delle basse
pressioni che invadono il golfo di Biscaglia in autunno e che
puntualmente sono
arrivate.
Non
è invece
assolutamente inspiegabile il grande stato di forma e di preparazione di
Giancarlo Pedote con il suo Prysmian-747. D'accordo, non ha vinto
nulla, ha
concesso appena un aperitivo e, lo sappiamo, nella vela non si possono
trarre bilanci fino a quando non si ha attraversato la linea del
traguardo. Ma
che Giancarlo Pedote non stia là per fare il marinaio, ma il regatante,
non per partecipare, ma per vincere, è una cosa che si
può tranquillamente dire senza nascondersi dietro la scaramanzia. Anche
perché, il primo a dirlo, è proprio lui.
Come
è possibile che,
nella diciannovesima edizione della Mini Transat, vinta sempre e
solamente da navigatori francesi (tranne una volta, nel 1979, quando se
l'aggiudicò lo statunitense Norton Smith) un italiano sia nel gruppetto
dei favoriti alla vittoria? Semplice: l'italiano Pedote, qualche anno
fa, si è messo a fare il francese. Ha fatto come i giocatori di calcio
sudamericani, che sanno di dover venire a giocare in Europa se vogliono
diventare bravi e vogliono vincere le coppe che realmente contano.
Giancarlo
Pedote è
fiero di essere italiano, non è una fanatico della Francia, ma si è
trasferito a Lorient, dove mangia pane e oceano tutti i giorni della
sua vita. Il suo Prysmian-747 è ormeggiato accanto ai maxi trimarani e
agli IMOCA 60 (oltre che a un'infinita sfilza di altri Mini 6.50), nel
porto dove ci sono le basi di Banque Populaire e Groupama. Per togliermi
la curiosità di fare due bordi sulla quella "famosa barca con la prua
tonda" l'anno scorso sono andato a trovarlo nei giorni dopo la partenza
del Vendée Globe.
E'
venuto a prendermi alla
stazione e dopo mezz'ora eravamo a cena a casa sua, dove in quei giorni
c'era anche l'allenatore Riccardo Apolloni. Abbiamo mangiato una
bistecca, non
casualmente, ma perché era prevista dalla sua tabella alimentare.
Il
giorno dopo, un
lunedì di metà novembre, siamo andati al cantiere dove tutti i ministi
portano la propria barca per fare i lavori di manutenzione o di
modifica. Là c'è anche una saletta con caffetteria dove incontrarsi con
gli altri velisti. Per pranzo siamo tornati a casa perché
doveva partecipare a una riunione su skype insieme con un allenatore e a
un gruppo di ministi.
Nel
pomeriggio siamo usciti
in mare portandoci della pasta in bianco dentro i contenitori di
plastica che abbiamo mangiato in barca per ottimizzare i tempi (talmente
frenetici
per chi non è abituato, che io mi sono addirittura dimenticato di
mangiarla e me la sono sbranata al rientro in porto facendo ridere
Giancarlo). Poi mi ha mollato a un bar (beh, un bel bar, davanti al
museo di Tabarly, dove dentro ho incontrato, così, come nulla fosse,
Alain
Gautier che si prendeva un caffé) perché lui doveva andare a correre con
altri velisti e navigatori della zona.
A
casa, prima e dopo cena, ha
studiato l'evoluzione meteo che stavano fronteggiando i velisti del
Vendée, analizzando le loro scelte strategiche e ponendosi la domanda su
cosa avrebbe fatto lui. Quando la mattina dopo mi ha riportato alla
stazione (faceva ancora buio) già mi raccontava di quello che avrebbe
fatto
quel giorno e di quali sarebbero stati i suoi programmi nei mesi
successivi, le persone a cui avrebbe provato a chiedere di andare in
barca con lui
per le regate in doppio, le modifiche che avrebbe fatto alla barca e
così via.
Molte
volte, durante
l'inverno, l'ho pensato, lassù in Francia a lavorare per la sua seconda
Mini Transat, dedicandosi un solo giorno di riposo a settimana. Quando
ha iniziato a partecipare alle prime regate della stagione, ho sempre
apprezzato i suoi diari scritti in questo suo sito internet, nel quale
sapeva
trasmettere entusiasmo per un risultato ottenuto, ma anche un'ammirevole
autocritica davanti agli errori. Mai una scusa, mai una
giustificazione.
Giancarlo Pedote non si nasconde.
Se
mi mostrassi sorpreso
davanti alla sua ottima performance nella prima tappa della Mini Transat
(peccato che l'abbiano sospesa proprio quando stava per tagliare la
linea del
traguardo in prima posizione, sarebbe diventato il primo italiano nella
storia a vincerla) mi sentirei di mancargli di rispetto. Lui
avrebbe il diritto di
chiedermi: "Scusa Andrea, ma l'anno scorso, quando sei venuto qui a
vedere come vivo e come mi preparo, non hai capito nulla?". Sicuramente
non ho
capito tutto, ma una cosa sì (e a questo punto l'hanno capita pure i
francesi).
(di Andrea Falcon da www.giancarlopedote.it)
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